Articolo di Maurizio Blondet del 1° novembre 2007.
Titolo: "Sulla «inferiorità mentale» del negro e di altri..."
Alcuni stralci:
Un mio giovane amico ingegnere, di nessuna propensione al razzismo - anzi ha lavorato due anni nell'Africa occidentale, sia per fare esperienza di lavoro duro, sia per «dare una mano» allo sviluppo laggiù - mi ha raccontato sgomento il seguente episodio.
Un giorno, in ufficio, il suo impiegato negro, giovane computerista gli dice di aver spedito una email d'affari.
«Ah peccato!», esclama l'ingegnere, «volevo rivederla, non era completa».
«Nulla di male, l'ho appena mandata!», grida il negro, e si precipita a ….strizzare con le mani il cavo del computer, quasi potesse con ciò rallentare la mail.
Persino i missionari, in privato, raccontano episodi del genere.
Come minimo, bisogna ammettere che i negri (anche quelli americani) rivelano immense stupefacenti lacune nel «sapere moderno», effetto di migliaia d'anni di un processo di civilizzazione cui non hanno partecipato.
[...] Una cosa infatti accomuna (salvo eccezioni) negri, donne, camorristi e tifoserie: tutti sono bipedi fortemente «socializzati».
Il che non significa che siano socievoli.
Significa che traggono tutto il loro sistema di convinzioni, di credenze, e di «valori» non dalla propria testa, ma dal gruppo a cui aderiscono.
Come esseri pensanti, non vivono in proprio, ma sono vissuti dal gruppo sociale.
In Africa o in America, se il negro pare meno intelligente, è essenzialmente perché la società negra non valorizza l'intelligenza.
Valorizza altre cose: i complessi rapporti di parentele, di amicizia e di solidarietà tribale; il machismo, la potenza sessuale, il «manas» dei capi, i poteri magici degli stregoni.
Nella società camorrista, i «valori» che vengono «promossi» e approvati sono ben noti: e il disprezzo collettivo schiaccia chi mostri, poniamo, un qualche interesse allo studio.
Fra le donne, non è l'intelligenza che conta davvero.
Contano altre cose, dalla socialità vigente alla chiacchiera salottiera, fino alla maternità...
Nell'articolo Blondet sviluppa e spiega il concetto che vuole esprimere.
Più o meno suona (a nostro avviso) in questo modo: "se queste categorie di persone (negri, donne e camorristi) appaiono meno intelligenti, non è questione di natura, ma di cultura sociale".
Prendiamo atto del ragionamento di Blondet, ma a noi quest'articolo puzza e non piace per niente.
Magari ci sbagliamo: sarebbe curioso sapere cosa ne pensano i neri e le donne.
Se volete scriverci, pubblicheremo le vostre osservazioni.
A proposito... per noi i neri sono neri, non "negri".
Conosciamo i ragionamenti di chi sostiene che "negro" non è un termine offensivo ma crediamo che siano i neri a dover decidere cosa è offensivo e cosa non lo è, per loro.
I neri che conosciamo noi preferiscono essere chiamati neri, non "negri".
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